Oggi ero in riunione con una società che illustrava come uno scatto fotografico (pagato la modica cifra di 30.000 €) potesse mettere in risalto particolari aspetti che esulavano dal prodotto ma che chiudevano il divario fra azienda e cliente.Tutto il ragionamento verteva principalmente sul concetto di “real life” cioè la capacità di lanciare un messaggio fotografico che contestualizzi l’oggetto nella vita reale. Niente di nuovo sotto il sole, eppure l’aspetto che rendeva affasciante il ragionamento era il fatto che lo scatto aveva delle luci e dei particolari giochi di ombra che lo rendevano surreale. In effetti ad una occhiata più attenta ci si accorgeva che lo scatto non poteva rappresentare “la vita reale” in quanto suggeriva inconsciamente qualcosa di “impossibile”.Tutti furono tolti dall’impaccio quando un grafico brillante spiegò che lo scatto era vicino alla vita reale perché gli effetti con cui era post-prodotto ricordavano i filtri di Instagram.Il concetto mi è rimbalzato nella testa tutto il giorno, la semplice spiegazione del grafico ha aperto un mondo ed ha spiegato in tre parole un concetto che Marshall McLuhan ha tentato di spiegare in tutta la sua vita.Oramai siamo così abituati a rappresentare la nostra vita su social network come Instagram che riconosciamo come “vita vera” uno scatto simile, non tanto alla realtà, ma alla nostra percezione della realtà stessa data da un filtro che rende surreale una immagine.
Il medium è il messaggio
Il medium in questo caso è diventato il messaggio, Instagram stesso (che è solo un veicolo nel quale passano foto) è diventato il mezzo per rappresentare quello che per noi adesso è la percezione della vita vera delle persone.Volendo generalizzare si potrebbe affermare che l’immagine di noi, proiettata su uno specchio distorto, a lungo andare potrebbe diventare una rappresentazione accettabile di quello che per noi è la realtà, anzi avendo a disposizione due specchi, uno reale ed uno distorto a lungo andare accetteremmo entrambi come una rappresentazione accettabile della realtà.Del resto lo stesso passaggio dal digitale all’analogico ci ha portato a modificare la percezione della musica, in quanto supporti diversi hanno modificato i nostri criteri di valutazione, il vinile produceva un suono reale eppure adesso preferiamo di gran lunga il suono pulito di un CD o peggio il suono deformato e compromesso di un MP3.La seconda guerra mondiale per noi è stata combattuta in bianco e nero, il nostro cervello non è in grado di accettare il fatto che quelle persone vivessero una vita a colori.Siamo passati dal voler cogliere più fedelmente la realtà a volerla migliorare, presupponendo dei modelli attraverso i quali la realtà può diventare migliore della realtà stessa.